La “genovese” che racconta il suo inferno in Cambogia

Il Giornale della Liguria – Sabato 10 maggio 2014

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Ci sono libri che non vorremmo leggere. Non perché non siano straordinariamente coinvolgenti, toccanti, scritti con struggente umanità e testimoni di un dolore che non si deve dimenticare. Non vorremmo leggerli forse illudendoci che certe cose non siano accadute o non accadano. Ma non è così. Anzi. I testimoni viventi sono davanti a noi. Il loro coraggio ci insegna. Come quello di Molyda Szymusiak, signora sposata con un medico di Recco, Silvio Bellotti. Genovese di adozione, Molyda, nata nella capitale della Cambogia Phnom Penh nel 1962, è una scrittrice molto nota all’estero per il suo primo libro «Il racconto di Peuw, bambina cambogiana», edizioni Einaudi 1986. Tradotto da Natalia Ginzburg, il libro racconta l’orrore dei campi di lavoro instaurati in Cambogia durante la dittatura dei khmer rossi e di Pol Pot vista con gli occhi di una bambina di undici anni a cui è stata sterminata davanti agli occhi a poco a poco tutta la famiglia. Adottata da una coppia di emigrati polacchi in Francia, Molyda riesce a trasformare in un libro i suoi ricordi sulla guerra e la schiavitù – lei che faceva parte dell’entourage della famiglia reale cambogiana – grazie al padre adottivo, che le trasmette anche l’amore per l’Italia essendo lui stato studente a Roma insieme con il connazionale Carol Wojtyla. Dopo il primo libro, a distanza di molti anni e tanta vita insieme a suo marito, Molyda presenta ora il suo secondo racconto: «La nuova vita di Peuw» (edizioni Narcissus), è in libreria e può essere letto anche da chi non ha avuto modo di conoscere il primo volume. Anche in questo caso, nonostante siano passati molti anni, il libro ci tramanda un tempo cristallizzato, come se Molyda avesse ancora 14 anni. La vita in Francia con genitori adottivi, per la ragazza di Phnom Penh non è senza dolori e fatiche, i ricordi non possono essere sopiti e anche l’adattamento in un paese nuovo è difficile, dallo studio alla ricerca di un lavoro. Anche nel secondo libro gli avvenimenti della prigionia sono presenti come lunghi flash scritti in corsivo e arrivano al lettore come un pugno nello stomaco. Un libro da non perdere.